Ancestralità umana indomabile, Furèsta della Niña del Sud.

 Il 29 marzo 2025, in un cortiletto di Via Roma, a Ortigia, una folla si raduna ripassando canti popolari siciliani e del Sud Italia, a ritmi di tamburelli e valzer. Le voci dei passanti si uniscono velocemente, aspettando la presentazione del nuovo disco de La Niña.

Alcuni sanno chi sia, altri si fermano incuriositi vedendo una donna vestita di pizzo nero, con lunghi capelli neri e ricci, che si aggira mistica tra le persone, attorno a uno sgabello posto in mezzo a una porta-finestra che diventerà il suo palco.

La comitiva — con Marco Castello — si stringe in un piccolissimo spazio tra una tavolata di legno e una sala da pranzo: tamburelli, marranzani e corde accompagnano la voce di Carola Moccia e Lydia Palumbo.

L’intervista avviene su uno sgabello girevole, a 360 gradi, per poter guardare sia gli spettatori in piedi nel cortile che la gente seduta ai tavoli, in attesa del vino che intrattenga la compagnia.
Marco Castello conduce un’intervista ammirata verso Carola, in cui scopriamo le ispirazioni ancestrali de La Niña.

“Moresche, villanelle e tammurriate popolari sono le mie ispirazioni. Musica non discografica. Tutto ciò che mi emozionava non era discografia.”

La breve presentazione e intervista hanno reso ancora più vive le emozioni e le storie cantate dal gruppo. Tutti accompagnavano i pezzi con motivi, ritmi e lamenti, anche senza conoscerli, come se suscitassero qualcosa di intrinseco, già presente in noi.

Giulia Di Mercurio intervista Carola Moccia:

– Ernesto De Martino, quando studia il fenomeno del tarantismo, evidenzia una forte urgenza legata soprattutto alle donne contadine del Sud Italia, nel basso Salento e in Calabria. Questo fenomeno oggi si è trasformato in qualcosa di commercializzato, perdendo quell’urgenza e quella funzione espressiva del malessere. Tuttavia, con questo disco, non possiamo fare a meno di notare un richiamo popolare a una dimensione femminile e a un’espressione ancestrale del dolore. Con la tua musica stai suonando e cantando via qualche dolore?

– Lo spero. Questa musica è, prima di tutto, un modo per me di esorcizzare un forte dolore e un malessere, come essere umano. Essere donna, per me, è un dato di fatto e una conseguenza. Il mio approccio è quello di una cantautrice inconsapevole, terribilmente umana.

Misticismo e inconsapevolezza evidenziano legami ancestralmente folkloristici, oltre il tempo e oltre la materia.
L’identità indomabile de La Nina del Sud canta via la sofferenza come sentimento universale e umano, fuori dal tempo, tanto da sembrare collegata a un passato accaduto solo ieri.

Può quindi questa presa di potere, questo passaggio dall’essere suonate al suonare, rappresentare per le donne del Sud un’occasione di identificazione e di esorcizzazione di un malessere profondo e latente?
Giulia Di Mercurio  4 Aprile 2025, Ortigia.